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Lo chiamavano tutti Maestro, ma se facevi parte della sua cerchia ti veniva concesso di rivolgerti a lui come all’ Architetto.
GianFranco Ferrè ha plasmato 40 anni di storia della moda italiana grazie al suo sguardo eclettico e alle sue “costruzioni”. Lo stilista non ha mai negato che prima di tutto egli era un architetto dicendo che la moda è “metodo e atteggiamento progettuale che si fonda sulla concezione dell’abito come risultato di un intervento programmato e consapevole sulle forme”.
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Se da un lato erano sicuramente le forme a contraddistinguerlo, dall’altra è stata la vena poetica a rendere i suoi abiti opere d’arte destinate a durare nel tempo.
Aveva vissuto in India e l’amore per le contraddizioni di quel Paese tanto affascinante hanno attraversato le sue collezioni: i colori, i profumi, gli accostamenti prima impensabili.
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Si affidava ad un gruppo di fidatissime sarte la cui minuzia era leggenda nell’ambiente: abiti e capi a righe che, a ben guardarli, erano mini-striscioline cucite l’una all’altra oppure abiti-kimono sontuosi ma talmente leggeri che potevi sollevarli con un dito.
Il pezzo iconico, quello per cui si è guadagnato un posto fisso nell’olimpo della moda è però la camicia. Se Re Giorgio è Sua Maestà il blazer, Gian Franco Ferrè è il vate della camicia tanto che gli è stata dedicata la mostra “Gianfranco Ferré. La camicia bianca secondo me”.
Ha sempre fatto della misura, dell’armonia e della proporzione la chiave del suo lavoro e anche nelle rare dichiarazioni che rilasciava trasparivano queste sue doti:
“Parigi ha l'eleganza delle armonie e della grandeur, Londra ha l'eleganza della classe e del prestigio, Roma ha l'eleganza dell'umanità e della storia. Ogni città ha la sua eleganza. Anche Milano: ha l'eleganza della sobrietà, della discrezione, della solidità.”
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